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Cowboys al bar

Il passaggio dei pick up sulla strada sterrata alza una scia di polvere infinita, tanto da costringere i guidatori a mantere una distanza tra un veicolo e l’altro di almeno cento metri formando così un serpentone fumoso.

Tutti vestiti a punto con camicia bianca o sponsorizzata, la più recente trophy buckle (fibbia vinta), o perlomeno l’ultima, il cappello più pulito e gli speroni appena tolti dagli stivali. Cosa più importante di tutte: un portafoglio carico di dollari e un sorriso smagliante da sfoggiare in caso d’incontro galante.

Tutti preparativi per passare una serata indimenticabile tra amici, conoscenti, nuovi incontri, buona musica – meglio se una live band – e fiumi di birra e whiskey.

Il bar è il punto di ritrovo per eccellenza nel mondo dei cowboys: qui si decidono affari, si pianificano le settimane di lavoro, si conosce gente nuova, ci si ferma per un boccone o anche solo per assaporare una bionda gelata dopo un’intensa giornata di lavoro. Oltre a questo, di sera, diventa palcoscenico di party senza fine, dove si annegano le preoccupazioni con drinks e divertimento sfrenato.

Certamente sono cose che succedono anche nei nostri locali che però, essendo sotto la costante competizione di altre attrattive quali cinema, locali tipici, un’ampia offerta nella ristorazione e una cultura della convivialità completamente diversa, non sono più un punto di riferimento sociale per eccellenza.
Anche i nostri bar sono ben frequentati, ma da una clientela più variegata e più influenzata dalle mode del momento.
Le strutture rispettano gli standard di sicurezza e igiene che le nuove leggi impongono; gli architetti creano arredamenti e atmosfere sempre più ricercate per soddisfare la voglia di novità delle nuove generazioni frequentatrici.

Nella cultura del west, i bar ricoprono un ruolo fondamentale come motivo di aggregazione. La maggior parte sono situati in vecchi edifici di legno grezzo ingrigito dal vento e dal sole che conferisce loro quell’aspetto fuori dal tempo, come se il progresso non fosse mai passato di lì, ma una gigantesca insegna luminosa ne tradisce la modernità e i numerosi banner pubblicitari invitano cowboys e biker a fermarsi.

Gli interni sono rifiniti anch’essi in legno grezzo o comunque con materiali di facile recupero e a basso costo; decorati con vecchie targhe, foto di personaggi locali diventati famosi nei rodei, vecchie attrezzature da ranch e molte pubblicità di liquori o birra.
Il soffitto basso, le finestre sempre chiuse o coperte da neon e poster e le sigarette accese dei giocatori di poker, creano quell’atmosfera fumosa che riconduce l’immaginario popolare a considerarli luoghi di perdizione.

Un particolare tipico di questi locali è il “drive-through” (letteralmente guida attraverso) una sorta di sportello/finestra rivolto sul lato della strada dal quale la clientela può acquistare bevande d’asporto, guidando il proprio veicolo e senza dover entrare nell’edificio (anche molte banche sono dotate di questo servizio per i prelievi al bancomat).

I frequentatori sono generalmente cowboys, bikers, rancher nonché semplici persone del paese; gente di differente estrazione con storie e vite diverse, ma tutte accomunate dalla voglia di passare qualche ora a rilassarsi con un drink scambiando quattro chiacchiere anche con uno sconosciuto.

Persone che non hanno pregiudizi verso il prossimo; non squadrano gli stranieri che entrano, ma ne fanno motivo di curiosità e con essi intavolano discorsi sulla provenienza che quasi sempre finiscono con un “avevo un amico, una sorella, un conoscente, un parente o addirittura un cane che era delle stesse parti”(!?!?!).

Ci sono gli abitudinari che passano giornate intere nel bar: hanno un posto prestabilito che nessun può occupare – alcuni hanno addirittura una targhetta sul banco che ne contraddistingue il diritto di priorità – conoscono tutti gli altri clienti, i meccanismi di gestione del locale, le abitudini dei bartenders (così si chiamano i baristi) e sono sempre pronti a indirizzare per qualsiasi necessità richiesta dal neofita di turno.

Cowboys e bikers sono tra i più animati soprattutto in vista di una celebrazione come la marchiatura, il round-up, la vendita del bestiame, il nuovo cavallo, il nuovo pick-up, la nuova Harley, un ricongiungimento fra vecchi amici, un matrimonio oppure un funerale (si va sempre al bar a brindare in memoria dello scomparso dopo la funzione funebre). E quando non c’è niente da celebrare si trova una scusa qualsiasi purchè si vada a far festa, ballare, cantare e fare discorsi futili sul tempo che verrà.

Questi sono i posti dove si possono incontrare personaggi di bassa cultura, ma d’infinita cordialità e ospitalità; biker che hanno fatto il giro degli States in moto avendo solo 2.000 miglia sul display; cowboys che hanno domato il cavallo più selvaggio del west, ma che ritrovi sempre a comprare all’asta cavalli domati; quelli che ricordano sempre i “good old days” (i bei vecchi tempi) e hanno solo 35 anni; la vedova di turno che cerca sempre un compagno per ballare; persone solitarie che amano vedere animazione pur di non stare soli a casa; veri cowboys che non parlano molto, ma ai quali si scioglie la lingua dopo la terza birra e quelli che raccontano sempre la stessa identica storia all’ultimo arrivato .

In fine i “pretenders”: quelli che vorrebbero aver fatto tutto, ma non ne hanno mai avuto l’occasione, quelli che solo loro fanno meglio o sanno tutto, quelli che siccome hanno vinto una volta sembra che l’inno suoni ancora per loro e quelli che conoscono il mondo perché hanno fatto i venditori porta-a-porta.

Persone certo criticabili, ma che sono accomunate dall’orgoglio del proprio essere o dalle attività che svolgono, dalla genuina voglia di confrontarsi, di stare insieme senza dover sposare l’altrui ideale e di ridere e scherzare per scrollarsi di dosso le difficoltà di una vita spesso passata senza poter scambiare quattro parole se non al bar nel fine settimana.

L’alcool è proibito ai minorenni (21 anni è la maggiore età) perciò non ci sono orde di ragazzini sbevazzoni al banco, ma solo adulti consapevoli; è molto difficile trovare persone alticce che diventino arroganti, maleducati o pericolosi. Tutti sembrano essere consapevoli del loro stato confusionale, a volte ridicolo, e non se ne fanno un problema di etichetta, ma si godono la futilità del momento ridendo, scherzando ma soprattutto prendendosi poco sul serio.

Così anche noi ci apprestiamo a varcare la soglia che ci porterà a una serata di sfogo dallo stress e dalla fatica, bevendo, cantando, ballando e scherzando, mentre già si sentono fuoriuscire dal juke-box le note di Toby Keith:

“… I love this bar, is my kind of place just walk-in through the front door put a big smile on my face, it ain’t too far, come as you are uh uh uh I love this bar…”.

 

 

 

 

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