Prima di raccontarvi un’altra storia di Ranch Life voglio spiegarvi alcune cose per facilitare la comprensione dei prossimi articoli. Molto spesso chi vive negli allevamenti di bestiame usa alcuni termini che non hanno un significato letterale ma figurato o sono puro slang.
La maggior parte degli allevatori conosce uno ad uno i propri capi; li ha acquistati, allevati, visti crescere, partorire. Conosce i figli e i figli dei figli. Proprio come chi alleva cavalli. Ovvio contestare che un rancher non può riconoscere migliaia di mucche, ma vi posso garantire che è vero.
Lo stretto e quotidiano contatto con gli animali, le loro vicissitudini, le diverse relazioni che si formano nella mandria sono esattamente uguali a quelle che si instaurano tra un’insegnante e suoi alunni nel corso della vita scolastica. E non si esaurisce a loro, ma prosegue con i cugini, con i parenti. E poi i figli, i figli dei figli e così di seguito.
L’allevatore attento conosce tutti i suoi capi, le abitudini, i compagni di pascolo nello stesso modo in cui un’insegnante conosce la vita di una famiglia di paese e della sua intera generazione.
Questo rapporto quasi simbiotico porta ad “umanizzare” i componenti del proprio allevamento.
Quella che per la gente di città è una mucca o vacca per noi è una “mamma”: la femmina che ha già avuto un primo parto. Il vitello viene chiamato “piccolo” (baby); ed insieme formano il “paio” (pair).
Se in una conversazione si vuole specificare che il vitello è un maschio, si dice “bull-calf” (vitello-toro); mentre se si parla di un vitello femmina, si dice “heifer-calf” (vitello-manza).
Questo succede solo nei primi mesi: con la marchiatura cambiano i termini. Infatti nello stesso istante in cui si marchia, il vitello maschio viene castrato. Da quel momento verrà chiamato “steer-calf” (vitello-manzo).
Oltrepassato il primo anno di età, il vitello diventa solo “steer” (manzo che va verso l’età adulta) e la femmina da heifer diventa heiferette (fino a prima di compiere un anno di età;termine usato nella compravendita mentre nel quotidiano è un po’ in disuso).
Compiuto il primo anno, la femmina diventa “heifer” cioè, come in italiano, “giovenca”: una manza che diventa fertile.
Il toro rimane toro: un vitello che non viene castrato rimane “bull-calf” e con il primo anno di età diventa “bull”, toro appunto, pronto per la riproduzione.
L’attività di controllo e medicazione del bestiame è chiamato “doctoring”. Sono molte le attenzioni che si devono avere nei primi mesi di vita dei vitelli per evitare infezioni agli zoccoli, polmoniti, ecc.
Quando le paia vengono lasciate libere a pascolo può capitare che le mamme, riunite in mandria, si dimentichino del loro piccolo e successivamente lo rifiutino. Un vitello di pochi mesi non allattato è destinato a morire.
Contemporaneamente potrebbe accadere che un’altra mamma perda il proprio piccolo e non se ne dia pace rimanendo nei pressi del cadavere.
In questo caso si utilizza la pratica del “cappotto” (in gergo “grafting a calf”): si scuoia la pelle del morto e si fa un “cappotto” da fissare con dello spago alle estremità delle gambe del vitello rifiutato. Quest’ultimo viene portato dalla mamma disperata che, riconoscendo l’odore del pelo del proprio vitello, lo accetterà e lo allatterà senza problemi. Naturalmente tra la morte e lo scuoiamento non devono passare troppi giorni. Il cappotto viene mantenuto per poche settimane di normalizzazione.
La separazione dei vitelli dalle mamme avviene generalmente tra i sette e gli otto mesi dalla nascita e si chiama “weaning”.
Un altro concetto da spiegare, difficile da comprendere se non si vive abbastanza profondamente il mondo dell’allevamento, è la differenza tra il termine cowboy e le figure che nella realtà girano intorno a questo mito.
Il proprietario di un ranch o di un allevamento, che fa del suo business la compravendita di bestiame, è un rancher. Chi lavora in un ranch ed è il responsabile del bestiame si chiama “cattle boss” e a lui sono lasciate le decisioni su come gestire la mandria, in quali pascoli, la marchiatura, ecc. La persona che lavora in un ranch e aiuta con il bestiame oltre che con il foraggio, ripara i recinti è chiamato “ranch hand” (manovale da ranch). Chi si occupa dei cavalli si chiama “wrangler” (che nulla ha a che fare con la traduzione letterale di attaccabrighe) e generalmente è il responsabile dei cavalli del ranch.
Il termine cowboy non lo sentirete mai nell’ambiente. Nessuno si definisce tale e nemmeno ci si riferisce ad altri nello stesso modo. E’ un termine che viene richiamato solo nelle competizioni e nel mondo del rodeo.
A questo proposito mi viene in mente quello che mi disse un mio caro amico, grande personaggio delle National Finals Rodeo(1), riguardo il fatto di essere chiamato “cowboy”. Lui ha sempre risposto: “Questo cappello? L’ho appena trovato per terra!”
Infine, giusto per richiamare il momento di andare in sella, il galoppo non si dice “gallop” o “canter” ma “loop“, una corsa all’impazzata è una “stampede” (come il rodeo di Calgary o come il cordino che alcuni mettono per non far volare il cappello: lo stampede string) e la corda che si usa per prendere il bestiame non si chiama “lazoo” ma “rope”.
Detto questo, vi aspetto per il prossimo racconto di Ranch Life!
Note:
(1) National Finals Rodeo: la competizione più importante nel mondo del Rodeo.