Surf: i cacciatori – terza parte

surf i cacciatori

Nel raccontare questo sport, un cammeo è da dedicare a quegli atleti che surfano le big wave o grandi onde. Quando nel primo articolo accennavo che in molti casi la disciplina si avvicina a una “impresa estrema” non stavo scherzando.
A chi non è mai capitato di vedere una mareggiata invernale o estiva che sia, il vento che soffia impetuoso e il moto ondoso crescere di intensità, rimanere incantato guardando quelle montagne d’acqua avanzare verso la riva? Osservare rapito la potenza che esprimono quando frangono in un frastuono che riempie le orecchie?
A chi verrebbe in mente di entrare in acqua in condizioni simili?
Ai “cacciatori”.
Uomini e donne pronti a sfidare la forza del mare; a rischiare la propria vita per superare limiti fisici e mentali. Con le loro tavole “Gun”, “Rhino Chaser” o “Big Gun”(1) girano il mondo alla ricerca delle swell(2) più grandi prodotte da eventi meteorologici potenti. 

Definiamo big wave un’onda che supera i 20ft cioè i 6,20 mt. 

Come sia iniziata la caccia non viene menzionato in nessun testo o racconto. Se consideriamo il perché si surfava negli arcipelaghi polinesiani, è presumibile pensare che da sempre ci sia stata la ricerca dell’onda più grande da cavalcare.
La storia recente ci porta nel 1955. Non è che prima di quella data nessuno ci avesse mai provato, ma in quell’inverno un giornale di San Francisco pubblicò una fotografia in prima pagina: tre surfisti su un’onda gigante. Erano George Downing, Wally Froiseth e Woody Brown.

Vedere quell’immagine sulle pagine di un giornale a diffusione nazionale mise in agitazione i surfisti della costa ovest e fece loro capire cosa le Hawaii potevano riservare. Il tutto fu alimentato anche dai film di Bud Browne incentrati su questa disciplina. Da allora, ogni anno, tra ottobre e novembre, molti surfisti californiani si recano in pellegrinaggio nell’arcipelago alla ricerca di onde.

4 dicembre 1969. Il mondo del surf fu investito da quella che si ricorda come “la più grande mareggiata del ventesimo secolo”. Greg Noll girava lungo la strada costiera di Oahu cercando uno spot(3) che potesse permettergli di entrare in acqua. Si fermò a Kaena Point e scattò quella che, ai tempi, Surfer Magazine descrisse come la più grande onda mai fotografata. Noll prese il mare a Makaha Point e come descrisse in un’intervista al Surfer’s Journal: “Quello era il mio giorno, sapevo che occasioni così si presentano una sola volta, così feci passare le prime due onde del set(4), poi iniziai a remare e mi buttai verso l’ignoto. Insieme alla nascita dei miei figli, fu uno dei giorni più importanti della mia vita.”
Un personaggio fuori dal comune. Entrò in mare solo. Entrò a surfare la più grande mareggiata del secolo.

Kaena Point ph. Greg Noll
Greg Noll

Un mondo fatto di persone particolari che in realtà non cercavano la vittoria in una gara ma solo di essere i primi a superare un limite; ad affrontare quanto fino a quel momento era ritenuto impossibile.
Uno di questi fu Eddie Aikau, primo a navigare Waimea Bay, Ohau, Hawaii. Viveva il surf come legame spirituale con la natura, con Dio. Nella vita faceva il lifeguard.
Un altro è Jeff Clark pioniere a Maverik’s, San Francisco, California. Parlando del surfing su grande onda dice: “Una volta che decidi di entrare nell’oceano, devi sapere dentro di te che è lì che vuoi essere.”

Per anni i cacciatori rimasero bloccati: le onde che superavano i 20ft venivano considerate troppo grandi per essere surfate. Quello appariva il limite che madre natura aveva dato loro. La forza dell’uomo nel paddling(5) non permetteva di raggiungere la velocità per poter fare il take-off al momento giusto. Dopo vari tentativi fatti negli anni, nel 1992 tutto cambiò,  Laird Hamilton, Buzzy Kerbox e Darrick Doerner  introdussero un nuovo modo di raggiungere la velocità dell’onda: il tow-in surfing(6).

Consiste nell’utilizzare una tavola munita di strap(7) e nel partire agganciati a una barra ancorata a una moto d’acqua che traina il surfista sulla line-up(8). La differenza è anche nella costruzione delle tavole. Quelle utilizzate per prendere le onde con la sola forza delle braccia sono molto lunghe. Per il tow-in le misure sono da shortboard: sono sottilissime e pesanti per evitare l’effetto ala visto le correnti ascensionali di aria che il movimento dell’onda crea. 

L. Hamilton – Jaws 1992 – photo T. Mckenna

Verso la fine degli anni ’90 con tale sistema fu possibile surfare onde oltre i 50ft cioè 15 mt.  

Ross Clarke con tavola da tow-in surfing

Qual è stata la più grande big wave mai surfata?
Le cronache ci portano nel 2018 a Praia do Norte a Nazarè, Portogallo. Il surfista Hugo Vau ha cavalcato “Big Mama”: un muro d’acqua alto, si stima, ben 114ft cioè 35 metri. 

Big Mama” Nazarè, Portogallo

Quale pericolo si corre affrontando questi mostri?
Il più grande è il wipe-out(9). Un’onda di grandi dimensioni può spingere un surfista sott’acqua oltre 15 metri. Appena finito l’effetto lavatrice dell’onda, si deve capire in breve tempo da che parte nuotare per tornare in superficie, in quanto dopo circa 20 secondi arriverà l’onda successiva. Le forti correnti e i fondali rocciosi rappresentano altre insidie e fanno di ogni caduta un vero giro sulla giostra della fortuna.

Wipe-out

Essenziale è il leash (leg rope): salva la vita. La tavola essendo più leggera riemerge con rapidità e spesso viene usata per tornare in superficie. Nel tow-in invece è stato introdotto l’uso del giubbotto di salvataggio, non utilizzato nel paddling in quanto risulterebbe ingombrante nei movimenti.

La meteorologia moderna aiuta a sapere in anticipo dove un ciclone si formerà, quale sarà la sua forza e le dimensioni delle onde. I trasporti odierni ci permettono di raggiungere una località, seppur sperduta, in poco tempo. I satelliti aiutano i cacciatori nella ricerca di nuove località dove fare surf. Una volta anche tali aspetti facevano parte dell’immagine pionieristica di questo sport. 

Quali sono e dove si trovano gli spot più conosciuti?
Eccone alcuni:

  • Waimea Bay, Hawaii 
  • Mavericks, California 
  • Ghost Trees, California 
  • Nelscott Reef, Oregon 
  • Teahupoo, Tahiti 
  • Peahi, “Jaws”, Hawaii 
  • Hout Bay, “Dungeons”, Sudafrica 
  • Cyclops, Australia Occidentale, Australia 
  • Belharra, Francia 
  • Todos Santos, Bassa California del Sud, Messico 
  • Cortes Bank, California, 100 miglia al largo 
  • Banzai Pipeline, Hawaii 
  • Nazaré, Portogallo 
Kay Lanny

I contest erano eventi singoli dove il vincitore incassava il premio, ma non esisteva un campionato che portasse al titolo di campione del mondo. Poi il surfista Strider Wastlewski organizza nel 2005 l’ASP World Tour Big Wave Awards, odierna WSL, dove riunisce a Huntington Beach, California i migliori surfisti di tutto il mondo per premiarli durante una cerimonia di gala. Le categorie sono le seguenti:

  •  “XXL Biggest Wave” 
  • “La più grande Paddle Wave” 
  • “Tube of the Year” 
  • “Migliori prestazioni complessive” 
  • “Performance delle donne” 
  • “Wipeout Award” 
  • “Ride of the Year”. 

La manifestazione si svolge tutti gli anni a celebrare la comunità dei “cacciatori”. Tra loro anche un italiano: Francisco Porcella, sardo, che nel 2017 ha vinto il Biggest Wave Award per aver cavalcato l’onda più grande. 

Francisco Porcella

Il 2009 vede la WSL organizzare un campionato specifico per chi desidera misurarsi con questi mostri. Il primo campione è il brasiliano Carlos Burle. A partire dalla stagione 2014-2015 la WSL ha sancito il Big Wave World Tour BWWT.
Il 28 febbraio 2015 Makua Rothman è stato il primo a vincerne il titolo.
L’11 novembre 2016 Paige Alms (Canada) venne incoronata campionessa a Jaws Peahi, Hawaii nel WSL Big Wave Tour. Il concorso è stato il primo tenuto per le donne. Secondo posto a Justine Dupont (Francia); terzo a Felicity Palmateer (Australia).
Dal 2018 la stagione delle big wave vede la partecipazione delle atlete in tutti i contest.

I record registrati dalle donne per la wave più grande mai surfata, essendo questa disciplina relativamente giovane, è ancora basso; se quello dei 72,5ft cioé 22.40 mt stabilito nel febbraio 2020 dalla brasiliana Maya Gabeira a Praia do Norte, a Nazaré, in Portogallo si può considerare basso.

Con questo articolo concludo la nostra esplorazione in una disciplina nata per i Re. Partita da arcipelaghi sperduti ed esportato quasi per caso in tutto il mondo. Persone visionarie hanno saputo trovare il modo di renderlo accessibile a coloro che desiderano provare “un’esperienza mistica, in molti casi a un’impresa estrema, ma sempre con la scarica adrenalinica derivante dall’illusione di domare la forza del mare.”

Levanto – Liguria Italia

Note
(1) Tavole da surf denominate “pistola”, “cacciatore di rinoceronti” e “grande pistola”. 
(2) Swell: rigonfiamento, dimensioni dell’onda in altezza. 
(3) Luogo dove ci sono onde surfabili. 
(4) Serie di onde che arrivano a intervalli regolari, di solito le più grandi. 
(5) Remando con le braccia.
(6) Trainare nell’onda.
(7) Fermi per i piedi come nel windsurf.
(8) Punto dove viene fatto il take off.
(9) Indica una caduta dalla tavola.